Ricorre la regione Piemonte in persona del presidente della Giunta regionale, on.le Gian Paolo Brizio, autorizzato con delibera della Giunta regionale n. 4/23844 del 26 gennaio 1998, rappresentato e difeso (in virtu' di delega a margine) dall'avv. Anita Ciavarra e dall'avv. Enrido Romanelli, e presso lo studio del secondo elettivamente domiciliato in Roma, via Cosseria n. 5, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dell'on. Presidente del Consiglio pro-tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, nonche' presso l'Avvocatura generale dello Stato, via dei Portoghesi n. 12, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 49, comma 18, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, recante "Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 30 dicembre 1997 - supplemento ordinario n. 255. Premesso in fatto 1. - La legge 27 dicembre 1997, n. 449, come in epigrafe meglio specificata, ha fra l'altro dettato, all'art. 49, ultimo comma, una disciplina incompatibile con le competenze normative regionali di cui all'art. 117 Cost. in materia di urbanistica e di lavori pubblici di interesse regionale, e sulle correlate funzioni amministrative regionali di cui all'art. 118 della Costituzione. Infatti, con la disciplina in questione, si e' previsto che "Sono considerati validi gli strumenti urbanistici gia' intesi approvati a seguito dell'applicazione, da parte degli enti che li hanno adottati, delle procedure del silenzio-assenso previste dai dd.-ll. 27 settembre 1994, n. 551, 25 novembre 1994, n. 649, 26 gennaio 1995, n. 24, 27 marzo 1995, n. 88, 26 maggio 1995, n. 193, 26 luglio 1995, n. 310, 20 settembre 1995, n. 400, 25 novembre 1995, n. 498, 24 gennaio 1996, n. 30, 25 marzo 1996, n. 154, 25 maggio 1996, n. 285, 22 luglio 1996, n. 388, e 24 settembre 1996, n. 495, i cui effetti sono fatti salvi ai sensi dell'art. 2, comma 61, della legge 23 dicembre 1996, n. 662. Ai fini della presente disposizione, il termine di centottanta giorni previsto per la formazione del silenzio-assenso, non maturato nel periodo di vigenza del decreto-legge, si intende raggiunto nel periodo di vigenza dei successivi decreti-legge". 2. - Va al riguardo ricordato che il silenzio-assenso previsto dal d.-l. 27 settembre 1994, n. 551 e successive reiterazioni aveva indotto la ricorrente regionie Piemonte a promuovere impugnativa avanti codesta ecc.ma Corte, lamentando che la previsione di un silenzio-assenso per l'approvazione, da parte della regione, degli strumenti urbanistici e delle relative varianti adottati dai comuni avrebbe comportato la violazione delle competenze regionali legislative ed amministrative in materia di urbanistica, di cui agli artt. 117 e 118 della Costituzione. In particolare, con riferimento a tali decreti-legge, la regione aveva avuto modo di evidenziare che gia' vari comuni piemontesi avevano fatto applicazione del silenzio-assenso previsto dai decreti-legge in questione che si erano succeduti nel tempo, per dare per approvati piani regolatori, in assenza di un deliberato regionale. Dopo vari tentativi infruttuosi di ottenere la conversione dei decreti-legge succedutisi, il Governo aveva dovuto rinunziare ad introdurre la descritta disciplina con lo strumento della decretazione d'urgenza, successivamente alla mancata conversione anche del decreto-legge n. 495 del 24 settembre 1996 (decaduto il 23 novembre 1996). Conseguentemente, la materia veniva disciplinata dai commi da 37 a 60 dell'art. 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante "Misure di razionalizzazione della finanza pubblica", che non riproduceva la previsione del silenzio-assenso rispetto ai piani regolatori; tuttavia il successivo comma 61 dello stesso dell'art. 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 prevedeva che fossero fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del d.-l. 27 settembre 1994, n. 551, e dei successivi decreti-legge reiterati. La regione, quindi, manteneva la propria impugnativa della menzionata disciplina, se ed in quanto la previsione del comma 61 dell'art. 2 della legge n. 662 del 1996 avesse dovuto essere intesa nel senso di far salvi gli effetti del silenzio-assenso previsto dai decreti-legge successivamente reiterati, assumendo la somma dei periodi di efficacia temporanea di ciascun singolo decreto-legge, come idonea al decorso del termine dei centottanta giorni necessari (secondo la disciplina decaduta) per il perfezionamento del silenzio-assenso. Su detta impugnativa, codesta ecc.ma Corte costituzionale si pronunziava con la sentenza n. 429 del 1997. Si impugna attualmente l'art. 49, comma 18, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, recante "Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica", per i motivi di cui in appresso. In diritto 3. - Con la sentenza 23 dicembre 1997, n. 429, codesta ecc.ma Corte, pronunziando sui giudizi di legittimita' costituzionale proposti dalla regione Piemonte avverso i dd.-ll. 25 marzo 1996, n. 154 e 25 maggio 1996, n. 285, richiamando la sentenza n. 244 del 1997, con cui era stata decisa analoga impugnativa del silenzio-assenso di altra regione, aveva escluso che la sanatoria potesse comportare violazione della sfera regionale di competenza in quanto l'"interpretazione di norma di sanatoria del decreto-legge non convertito deve essere condotta tenendo presente che tale potere attribuito al legislatore (art. 77, terzo comma, della Costituzione) e' ontologicamente diverso, anche per la conseguenze giuridiche, a quello di conversione in legge del decreto-legge, in quanto riguarda i rapporti giuridici sorti nel periodo di vigenza del decreto, la cui provvisoria efficacia e' venuta meno ex tunc. Di conseguenza possono essere salvati solo gli effetti gia' prodottisi durante il periodo di vigenza del singolo provvedimento di urgenza decaduto"; su tale base, codesta ecc.ma Corte precisava ancora che "non puo' la salvezza estendersi a situazioni che non si erano ancora verificate nello stesso periodo e che potevano verificarsi (in relazione al previsto termine di centottanta giorni) solo dopo la scadenza dei sessanta giorni previsti per la conversione, cioe' quando i decreti avevano perso efficacia sin dall'inizio. In realta', solo i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti e conseguentemente le situazioni verificatesi durante il periodo di vigenza dei decreti-legge non convertiti possono essere oggetto dell'intervento normativo - previsto dal terzo comma dell'art. 77 della Costituzione - che e' legge ordinaria con possibilita' di efficacia retroattiva consentita espressamente dalla Costituzione". Potendo attribuire alla norma allora in esame un'"interpretazione costituzionalmente corretta", codesta ecc.ma Corte escluse allora la ricorrenza dell'illegittimita' costituzionale ipotizzata dalla ricorrente regione Piemonte. Appare tuttavia corollario ineluttibile della ricordata giurisprudenza della Corte costituzionale l'illegittimita' ex art. 77, terzo comma, Cost., di una norma che faccia salvi gli effetti di decreti-legge che non si erano ancora prodotti al momento della loro decadenza per mancata conversione, ed e' appunto quello che e' accaduto con la norma oggi impugnata dalla regione Piemonte. Sembra inequivoco quindi che il provvedimento normativo impugnato costituisce un tentativo del legislatore statale di eludere i limiti di validita' del proprio operato nell'attribuire un'efficacia a decreti decaduti, cosi' come tracciati con le menzionate decisioni nn. 244 e 249 del 1997, per gli piu' proprio in relazione alla stessa fattispecie ed alla medesima norma per la quale quei limiti erano stati affermati da codesta ecc.ma Corte. 4. - Peraltro, deve anche denunziarsi la violazione dei principi dettati dall'art. 9 della Costituzione, e delle competenze in materia di tutela dei beni ambientali e protezione della natura direttamente attribuite alle regioni dagli artt. 82 ed 83 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. In generale, il consolidamento (sia pure a posteriori) di un silenzio-assenso per l'approvazione, da parte della regione, degli strumenti urbanistici e delle relative varianti adottati dai comuni comporta la violazione delle competenze regionali legislative ed amministrative in materia di urbanistica, di cui agli artt. 117 e 118 della Costituzione. Al riguardo, va ricordato che codesta ecc.ma Corte ha escluso la legittimita' del ricorso al silenzio-assenso, con riferimento alle attivita' amministrative ad alta discrezionalita', fra cui rientrano, per espresso richiamo della giurisprudenza in questione, le attivita' di pianificazione territoriale, in quanto finisce per incidere sull'essenza stessa della competenza regionale (C. cost., 12 febbraio 1996, n. 26; C. cost., n. 393 del 1992 e n. 408 del 1995). Infatti, di regola, al silenzio della pubblica amministrazione non possono essere attribuite valenze particolari: soltanto una legge puo' attribuirgli - per ipotesi specifiche - un significato concludente, come l'approvazione od il rifiuto. E, dunque, in un ambito di competenza normativa della regione, ad attribuire al silenzio della pubblica amministrazione una siffatta valenza, non puo' che essere una legge regionale. Sembra infine significativo ricordare come, rispetto alla disciplina posta dall'art. 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, codesta ecc.ma Corte abbia a suo tempo dichiarato l'illegittimita' (per violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione) della previsione dell'art. 12, comma 3, del d.-l. 12 gennaio 1988, n. 2, che spostava la decorrenza del termine stabilito per il parere delle autorita' preposte alla tutela del paesaggio, in quanto incideva sulle competenze normative ed amministrative delle regioni a statuto ordinario, fino a svuotarle in partica di ogni contenuto (C. cost., 10 marzo 1988, n. 302, in Giur. cost., 1988, I, 1222).